Racconto di un’udienza del processo Minotauro

A cura di Loredana e Gianfranco, del Presidio di Libera di Rivalta

Non era programmata la nostra presenza all’udienza del 25 Febbraio, ma se n’è presentata l’occasione e l’abbiamo colta al volo. Non eravamo mai stati in un’aula di tribunale, quella della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino (per molti solo il Carcere delle Vallette) è una scatola fredda, poco curata; anche la scritta “La legge è uguale per tutti” si legge a malapena.

Partiamo presto da casa, la neve ci consiglia di muoverci per tempo, arriviamo davanti ai grandi cancelli del carcere e di gente ne vediamo poca, arrivano tutti alla spicciolata è una processione di avvocati, testimoni e tanti parenti; del cosiddetto mondo civile, quello che dovrebbe sentirsi offeso da quello che sentiremo, nemmeno l’ombra.

Entriamo anche noi, il solerte controllo ci abilita all’ingresso nell’aula, nelle gabbie notiamo la presenza di alcuni imputati (circa 4 per gabbia); scopriremo poi che altri imputati girano indisturbati per l’aula, Nevio Coral, siede tranquillamente tra i banchi degli avvocati difensori.

Il campanello annuncia la Corte, la Presidentessa provvede all’appello.

Molti imputati sono assenti, alcuni hanno scelto altre forme (alcuni sono già stati giudicati), diversi avvocati difensori sono sostituiti da loro colleghi. Per la Parte Civile sono presenti gli avvocati di Regione, Provincia, Comuni di Torino, Moncalieri e Castellamonte.

Anche Libera schiera le sue forze, il nostro avvocato Valentina (è venuta a parlarci del Processo Minotauro il 14 febbraio), la nostra referente regionale Maria Josè e, nelle retrovie, 7 piccoli indiani circondati dai parenti degli imputati.

Le prime due testimonianze sono il titolare ed un collaboratore di un negozio di scarpe di Castellamonte, raccontano della visita di due persone che cercano di pagare con carte rubate ma la terza carta è regolare e il pagamento avviene. Peccato che molti dati non vengano più ricordati bene e soprattutto non si sognano di segnalare la cosa alle forze dell’ordine, gli viene mostrato l’album con le foto degli imputati e a stento ne riconoscono uno: è Iaria Bruno (uno dei 2 testimoni si era vantato di essere un buon fisionomista).

La sorpresa arriva con la deposizione dei successivi due testimoni in quanto ci riportano sul nostro territorio, molti si ricorderanno che in via Einaudi c’era una concessionaria di auto con annesso autolavaggio (andando verso Rivoli era sulla sinistra, nella zona industriale, prima di arrivare al Vivaio/Ombelico), questa attività commerciale era gestita da 3 soci che si mettono in affari con un certo Macrì Renato che gli procurava le vetture, gli pagavano gli interessi in contanti e quando non sono riusciti più a far fronte ai pagamenti li ha minacciati e malmenati fino al fallimento (ndr: il Macrì non è parte del processo in quando è già stato giudicato e condannato ad 1 anno e 8 mesi).

Durante la loro deposizione, dentro una gabbia, l’imputato Macrina si è sentito male ed è stato portato via, la presidente decide per una sospensione ed alla ripresa Macrina rinuncia a presenziare all’udienza.

Il 5° teste racconta di una tentata estorsione ai suoi danni nella zona di Strambino, compra una villetta e quando deve concludere il contratto si trova con un bene diverso da quello pattuito al suo rifiuto di versare tutta la quota al costruttore viene minacciato, chiama i carabinieri e registra l’incontro con l’estorsore che viene poi arrestato, gli viene mostrato l’album fotografico degli imputati e ne riconosce uno, sono le 12,25 la Presidente sospende per pausa pranzo.

Si riprende con un collaboratore di giustizia, un paravento lo isola, è una persona che è stata condannata per collaborazione in un omicidio in Calabria (Greco ha scontato 8 anni) si è pentito, ha cominciato a collaborare, ha una nuova identità, viveva protetto a Cuorgnè.

Faceva il rivenditore di ricambi, 3 persone entrano nel suo negozio e uno di loro (Bruno Iaria) gli fa capire che deve versare una quota per stare tranquillo, il primo incontro finisce con il negozio messo in disordine e Greco che, armato di tubo di marmitta, mette alla porta i visitatori. Avverte i carabinieri e, quando Iaria e soci tornano, lui avverte le forze dell’ordine che intervengono. Ha poi contatti con una ditta che fornisce all’ingrosso autoricambi, ma non ha l’esclusiva, col tempo diventa sempre più opprimente, il Greco dovrà versare cifre sempre più impegnative, i carabinieri chiuderanno anche questa storia.

Il Greco visiona l’album fotografico, riconosce alcuni protagonisti, ma la sua deposizione (e quella di molti altri) è ricca di “non ricordo”, è vero che spesso sono passati molti anni dai fatti accaduti.

Il finale, almeno fino a quando ci siamo stati noi, è nella deposizione di un maresciallo che ha condotto le sue indagini su alcuni imputati nell’area di Volpiano e qui la parte del padrone la fa Nevio Coral che imperversa con la ditta Provana (servizi) in tutte le attività collegate ai comuni della zona (verrà fuori anche il nome di Caterina Ferrero, già assessore regionale nella giunta Cota) il culmine lo tocchiamo appena ricompare il nome di Macrina (soci in affari).

Lasciamo la struttura con un senso strano, durante il dibattimento la presenza ingombrante dei parenti (ridono, parlano ad alta voce, parlano con i detenuti, chiamano gli avvocati), gli avvocati che si arrampicano facendo domande inconsistenti ai testimoni, sembra più per far vedere che ci sono. Ci sarebbe piaciuto vedere, tra i banchi del pubblico, tanta gente normale che rumoreggia il proprio dissenso nei confronti di questi loschi personaggi e non uno sparuto drappello di “spiriti liberi” che per tutta la giornata è stato in netto svantaggio (7 a più di 30) e solo nel finale è riuscito a ribaltare il risultato (7 a 5).

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